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Macrolibrarsi.it presenta il LIBRO: Il Cioccolato che fa Bene - David Wolfe, Shazzie

lunedì 1 aprile 2013

Ci siamo trasferiti

Ciao a tutti, 
CI SIAMO TRASFERITI SU

STORIE DELLA BUONANOTTE.COM

Vi aspettiamo!

giovedì 28 marzo 2013

Non voglio mettere in ordine!


Non voglio mettere in ordine! Piagnucoleva Giacomino. 
Nel salotto c’era un disastro di giochi, colori e fogli di carta colorati per metà, il tutto sparpagliato accuratamente. 
La giornata era stata particolarmente divertente: prima Giacomino di buona mattina aveva giocato con le macchinine, facendole correre per strade e autostrade immaginarie attorno alle poltrone e al divano; poi stanco per tutti quei chilometri, aveva pensato di ritagliare delle forme di carta da un quaderno, colorato e incollato; poi le costruzioni avevano dato l’opportunità a Giacomino di cimentarsi nella costruzione di un grande condominio!
Adesso era quasi l’ora di andare a letto, Giacomino già infilato nel suo caldo pigiamino, con i dentini appena lavati, si trascinava per il salotto inventando mille scuse per non riordinare il gran disordine.
La Mamma insisteva, e Giacomino non voleva saperne. 
Allora alla Mamma venne un idea! 
- Che ne dici Giacomino se lasciamo tutti i giochi così in disordine e prima di andare a letto facciamo un bel gioco? 
Siii! Questa si che è una bella idea. Disse Giacomino improvvisamente rianimato!
- Dunque il gioco è semplicissimo: noi siamo dei pirati - disse la Mamma saltando sul divano e raccogliendo le gambe in modo da non toccare terra - abbiamo appena astato un galeone pieno di tesori, e adesso dalla nostra nave dobbiamo raccogliere tutti i tesori senza cadere in acqua!
- Siii!!!! - Giacomino saltò tutto felice sulla sua nave pirata, legandosi un fazzoletto a mo’ di bandana sulla testa, e iniziò a pescare tutti i tesori! Le macchinine diventavano improvvisamente delle pietre preziose, e venivano riposte nel forziere delle pietre. I colori erano barre d’oro e d’argento e accuratamente messe nei bauli, i fogli mappe di tesori nascosti e le costruzioni monete e gioielli da non perdere assolutamente!
Come due bravi pirati, senza nemmeno bagnarsi un pochino, dalla loro nave-divano in un batter d’occhio avevano raccolto ogni giocattolo-tesoro!
Alla fine Mamma disse: - Adesso tocca al mio tesoro più grande! - Prese in braccio Giacomino e lo accompagnò nel suo lettino. Dopo un bel bacio e un pochino di coccole Giacomino si addormentò felice.

mercoledì 27 marzo 2013

Il Pipistrello Colorato

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C'era una volta un Pipistrello tutto nero che viveva tutto solo in una caverna umida e buia. 
Usciva solo di notte, come fanno tutti i pipistrelli, per un bel voletto, per uno spuntino notturno a base di zanzare e insettini vari... golosissimi! 
Molte volte incontrava altri uccelli che volavano nel cielo o appollaiati su qualche alto albero. Il più simpatico di tutti era un Gufo, dall'aria molto colta con cui era sempre bello fermarsi a chiacchierare. Parlavano di tutto: della pozza d'acqua sempre troppo affollata, dei rami dell'albero che con la fine della primavera erano tutti pieni di foglie, dei piccoli dell'acquila che viveva sul costone della montagna che stavano diventando grandi con le loro belle piumette colorate!
E fu proprio su questo punto che in nostro pipistrello si incuriosì molto, già perché Pipistrello usciva solo di notte e così non si era mai accorto che c'erano degli uccelli con le piume colorate.
"... si si ... - diceva il Gufo - ci sono degli uccelli che hanno le piume di tutti i colori, bellissimi da vedere".
Incredibile!  Pipistrello non poteva crederci, doveva assolutamente vederli!
Così tornò subito alla sua caverna con l'idea di dormire solo un pochino e di svegliarsi con i raggi del sole per vedere se Gufo diceva il vero su quella storia  delle piume colorate.
L'idea di uscire dalla caverna con il sole non lo allettava molto, perché così gli avevano insegnato fin da piccolo, che il sole rovina la pelle e che si mangia solo di notte. Già i pipistrelli sono parecchio strani!
Così alle 9 di mattina, con il sole bello alto nel cielo e splendente di luce decise di farsi coraggio e uscì dalla caverna. Appena fuori fu innondato da tutta quella luce e gli ci vollero alcuni minuti sbattendo gli occhietti per abituarcisi, ma poi quale non fu la sua sorpresa quando vide uno splendido uccello, grande e magnificamente dipinto!
Che cosa incredibile, che meraviglia! 
Pipistrello tornò alla sua caverna pieno di ammirazione, si appese al soffitto della sua grotta e si addormentò. Mentre dormiva sognò di essere colorato come il pappagallo che aveva visto, che meraviglia...
E così quando si svegliò, al tramonto come sempre, decise di dipingersi! Raccolse il polline di alcuni fiori, e alcune follie, pestò per bene il tutto e si spalmò la pelle di questo impasto colorato. 
Per la verità il risultato fu solo di passare dal nero scuro al un grigio rosato, ma il desiderio del colore era così tanto forte nel pipistrello che guardandosi nello specchio d'acqua a lui sembrava di essere davvero meraviglioso come il pappagallo!
Pipistrello era felice!
Perché a volte per soddisfare i desideri non è necessario un grande sforzo, ma solamente un pochino di fantasia!



martedì 26 marzo 2013

Cavalluccio Marino e il teatro delle ombre

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C’era una volta un cavalluccio marino, che viveva in fondo al mare.
Cavalluccio era un simpaticone e faceva sempre ridere tutti i suoi amici con le sue barzellette e con i suoi scherzi, ma non era mai riuscito a far ridere suo fratello maggiore Cavallone.
Cavalluccio le provava proprio tutte per far ridere suo fratello, scherzi, battute, giochini indovinelli, ma niente. Cavallone era proprio un musone, se ne stava sempre per conto suo e non si degnava neanche di rispondere con un cenno del capo.
Per Cavalluccio era diventata una sfida: doveva assolutamente far ridere suo fratello!
Così un giorno, dopo innumerevoli tentativi non riusciti si era inventato una novità: un teatrino delle ombre!
Aveva preparato un piccolo palco con delle alghe, tutta una bella coreografia con delle conchiglie colorate e si era anche inventato una storia divertente: di due fratelli che bisticciavano e ne combinavano di tutti i colori.
Aveva proprio organizzato tutto, con l’aiuto di alcuni amici aveva deciso di fare una sorpresa a Cavallone, che si sarebbe trovato di fronte al palco e non avrebbe potuto evitare di vedere lo spettacolo delle ombre che Cavalluccio aveva preparato.
Finalmente il gran giorno era arrivato: Cavalluccio era emozionatissimo quando suo fratello arrivò tutto musone come al solito all’ora prevista. Lo fece accomodare tutto riguardoso su una bella roccia proprio di fronte al palcoscenico, gli offrì un buon steccalecca di alghe da sgranocchiare e iniziò lo spettacolo.
Cavalluccio iniziò raccontando l’introduzione alla storia, poi procedette orientando le luci e iniziò lo spettacolo con le ombre, ma fu proprio a questo punto che successe l’imprevisto a cui Cavalluccio non aveva proprio pensato: le ombre si fanno con le mani! E voi bambini avete mai visto un Cavalluccio marino con le mai? No di certo! 
Ed infatti neanche il nostro caro Cavalluccio le aveva, e quindi iniziò a contorcersi in mille smorfie e posizioni, cercando di proiettare le ombre nel teatrino, ma il risultato era davvero deludente! Cavalluccio iniziò a dimenarsi disperato, sicuro del fallimento della sua bella idea! Faceva dei gesti con la bocca e muoveva la coda spasmodicamente e per aiutarsi faceva dei versi come:”grrrr, wooooo, argggg...” 
E fu proprio allora che successe l’incredibile: Cavallone che stava guardando annoiato lo spettacolo si fermò a guardare suo fratello impegnato nel tentativo incredibile di fare le ombre senza le mani e iniziò a ridere!
Prima rideva un pochino, ma poi data la scena davvero comica che vedeva Cavalluccio impegnato in mille contorsionismi senza esito, iniziò a ridere tanto forte e tanto di gusto! Rideva e rideva, così tanto da farsi venire le lacrime agli occhi!
Stupefatti tutti i pesci del mare si avvicinarono per vedere quel grande evento: Cavallone rideva! E rideva davvero di gusto!
Anche Cavelluccio a questo punto iniziò a ridere e ridere, così la bella sorpresa finì nel migliore dei modi: una grande risata per tutti!

domenica 18 novembre 2012

Squikki e il cioccolato

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Squikki era un piccolo elefantino che viveva nella giungla africana assieme a tutta la sua famiglia. Mamma elefante, Papà elefante, Nonni elefanti, Zii elefanti ... insomma un gran bel mucchio di elefanti!
La sua vita era piuttosto monotona, al mattino quando si svegliava Mamma elefante lo portava alla pozza d’acqua dove gli faceva una bella doccia spruzzandolo tutto d’acqua, poi si rotolava un pochino nel fango e nella polvere per asciugarsi e profumarsi, proprio come a voi cuccioli d’uomo la mamma mette il borotalco.
Bello pulito e profumato andava a far merenda! Passeggiando qua e la sgranocchiava foglie, frutta, qualche piccolo arbusto... 
Qualche ora per aver la pancia bella piena, perchè Squikki è si un piccolo elefante, ma pur sempre un elefante, e quindi la sua pancia è bella grande da riempire!
Finita la colazione, tutte le mattine, Squikki va alla scuola della savana!
Ci vanno tutti, ma proprio tutti gli animali della giungla, ma i migliori amici di Squikki sono: la scimmia Lolli, il leone Ron, l’ippopotamo Poppi e la farfalla Marì.
Una mattina la maestra Giraffa decise di spiegare durante la lezione di scienze che cos’è il Cioccolato!!!
Ragazzi cose da leccarsi i baffi!!!
Infatti sembra proprio che esista un albero bellissimo, cresce in sud America e fa dei frutti che si chiamano con un nome strano “cabosse”, hanno la forma allungata e sono piuttosto grandi. Una volta aperto questo frutto strano, dentro ci sono dei semi e proprio questi semi sono quelli di Cacao!!!
Squikki ed i suoi amici non avevano mai, ma davvero mai mangiato cioccolata, ma dal racconto della maestra sembrava davvero una cosa deliziosa!
Tornando a casa da scuola i ragazzi non facevano che parlare di cioccolato:

- Ma secondo voi il cioccolato ha il gusto delle foglie? chiese Squikki,
- No secondo me ha più il gusto dell’acqua fresca. Disse Poppi
- Secondo me è duro come la corteccia. Disse Lolli
- Io credo che il cioccolato non esista veramente. Disse Marì che era la pessimista del gruppo!

Ed in fine Ron il leone, che si sa bene che i leoni sono molto coraggiosi disse:
 - Io credo che l’unico modo per scoprirlo sia quello di assaggiarlo!
Detto fatto!  Tutti erano d’accordo! Ma come potevano fare i nostri amici per mangiare il cioccolato? In Africa non crescono gli alberi del cacao. 
Pensarono di chiedere aiuto all’animale che più aveva viaggiato in tutta l’Africa: Nonna elefante.
Nonna elefante era vecchissima, ma davvero vecchissima e nella sua vita aveva viaggiato tanto, non solo in tutta l’Africa, ma una volta, quando era giovane aveva lavorato in un circo e aveva visto tutto il mondo!
Così  Nonna elefante spiegò ai ragazzi che per assaggiare il miglior cioccolato di tutto il mondo dovevano andare alla Cioccolateria Veneziana, da Simone e Francesco! Il viaggio era lungo, ma il cioccolato valeva la pena!
I ragazzi erano entusiasti di questa avventura golosa e chiesero a Nonna elefante di accompagnarli.
Nonna elefante era vecchia vecchissima, ma era ancora capace di camminare molto e di divertirsi con tutti i suoi nipotini e quindi fu ben felice di accompagnarli.
Camminarono e camminarono, poi camminarono e camminarono, perchè l’Africa è molto lontana da San Donà di Piave, poi camminarono e camminarono, ma qualche giorno dopo finalmente arrivarono. 
Non vi dico neanche la faccia di Francesco e Simone quando si videro arrivare questa bella e allegra compagnia di animali! Non potevano davvero immaginare che avessero fatto tanta strada per assaggiare il Cioccolato e naturalmente furono felicissimi di avere questi nuovi amici!
Francesco e Simone rimpinzarono i loro nuovi amici di tutte le loro goloserie: cremini, barrette di cioccolato, cioccolato alla frutta, e di tutto un po’...

- Caspita che bontà. Disse Lolli la scimmia
- Delizioso. Disse Ron con i baffoni da leone tutti sporchi di cioccolato
- Io non ho mai mangiato niente di così buono. Disse Marì la farfalla tutta entusiasta.

Poppi non riusciva neanche a parlare da quanto era assorto nel mangiare la sua tavoletta di cioccolato al pistacchio!
E Squikki era felicissimo perchè aveva vissuto quella fantastica avventura con i suoi amici e perchè il cioccolato lo rendeva felice!
Dopo essersi ben rimpinzati i nostri amici animali salutarono e ringraziarono Simone e Francesco e tornarono a casa felici.
Ma anche Francesco e Simone erano entusiasti di aver conosciuto Squikki, Lolli, Poppi, Ron e Marì e così da quel giorno per ricordarsi sempre dei loro nuovi amici decisero di fare dei bellissimi lecca lecca di cioccolato per i cuccioli d’uomo con le facce dei loro amici animai.



Ps. Questa storia l'ho scritta per un amico carissimo che ha da poco inaugurato il suo nuovo sito http://www.cioccolateriaveneziana.it vi assicuro che il cioccolato è eccezionale, e la storia è VERAAAAAA!!!! :-)

martedì 8 novembre 2011

IL LUPO E I SETTE CAPRETTI

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C'era una volta una mamma capra, che aveva sette figli caprettini, e naturalmente voleva a tutti loro un gran bene. Un giorno però si trovò con la dispensa vuota e quindi si trovò costretta ad andare a far provviste per la cena; li chiamò tutti e sette e disse: “Piccini miei, devo andare nel bosco; guardatevi dal lupo; se viene, vi mangia tutti in un boccone. Quel furfante spesso si traveste, ma lo riconoscerete subito dalla voce rauca e dalle zampe nere.” I caprettini dissero: “Staremo ben attenti, vai tranquilla mamma.” La capra si avviò fiduciosa. Poco dopo, qualcuno bussò alla porta, gridando: “Aprite, cari piccini; c'è qui la vostra mamma, che vi ha portato un regalo per ciascuno.” Ma, dalla voce rauca, i caprettini capirono che era il lupo. “Non apriamo,” dissero, “ tu non sei la nostra mamma; la mamma ha una vocina dolce, la tua è rauca; tu sei il lupo.” Allora il lupo andò da un bottegaio e comprò un grosso pezzo di creta; lo mangiò e così s'addolci la voce. Poi tornò, bussò alla porta e gridò: “Aprite, cari piccini, c'è la vostra mamma, che vi ha portato un regalo per ciascuno.” Ma aveva appoggiato alla finestra la sua zampa nera; i piccini la videro e gridarono: “Non apriamo; la nostra mamma non ha le zampe nere come te: tu sei il lupo.” Allora il lupo corse da un fornaio e gli disse: “Mi son fatto male al piede, spalmaci sopra un po' di pasta.” E quando il fornaio gli ebbe spalmato la zampa, corse dal mugnaio e gli disse: “Spargimi sulla zampa un po' di farina bianca.” Il mugnaio pensò: Il lupo vuole ingannare qualcuno, e rifiutò; ma il lupo disse: “Se non lo fai, ti mangio.” Allora il mugnaio ebbe paura e gli imbiancò la zampa. Ora il briccone andò per la terza volta alla casa dei capretti, bussò e disse: “Apritemi, piccini; la vostra cara mammina è tornata dal bosco e vi ha portato un regalo per ciascuno.” I caprettini gridarono: “Prima facci vedere la zampa, perché sappiamo se tu sei la nostra cara mammina.” Allora il lupo mise la zampa sulla finestra, e quando essi videro che era bianca credettero tutto vero quel che diceva e aprirono la porta. Ma fu il lupo a entrare. I capretti si spaventarono e cercarono di nascondersi. Il primo saltò sotto il tavolo, il secondo nel letto, il terzo nella stufa, il quarto in cucina, il quinto nell'armadio, il sesto sotto al lavandino, il settimo nella cassa dell'orologio a pendolo. Ma il lupo li trovò tutti e non fece complimenti: li ingoiò l'un dopo l'altro; ma l'ultimo, dentro la cassa dell'orologio, non lo trovò. Quando fu sazio, il lupo se ne andò, si sdraiò sotto un albero sul verde prato e si mise a dormire. Poco dopo mamma capra tornò dal bosco. Ah, cosa le toccò vedere! La porta di casa era spalancata, tavola sedie e panche erano rovesciate, il lavandino era in pezzi, coperta e cuscini strappati dal letto. Cercò i suoi piccoli, ma non riuscì a trovarli da nessuna parte. Li chiamò per nome, l'un dopo l'altro, ma nessuno rispose. Finalmente, quando chiamò il più piccolo, una vocina gridò: “Mamma, sono nascosto nella cassa dell'orologio.” Lo tirò fuori ed egli le raccontò che era venuto il lupo e aveva divorato tutti gli altri. Pensate come pianse per i suoi poveri piccini! Alla fine uscì tutt'afflitta e il caprettino più piccolo corse fuori con lei. Quando arrivò nel prato, ecco il lupo sdraiato sotto l'albero, e russava tanto da far tremare i rami. L'osservò da tutte le parti e notò che nella pancia rigonfia qualcosa si moveva e si dimenava. “Ah, Dio mio,” pensò, “che siano ancor vivi i miei poveri piccini, che il lupo ha divorato per cena?” Disse al capretto di correre a casa e di prendere forbici, ago e filo. Poi tagliò la pancia del mostro; e al primo taglio, un capretto mise fuori la testa, poi, via via che tagliava, saltaron fuori tutti e sei ed erano tutti vivi e stavano benone; perché il mostro per ingordigia li aveva ingoiati interi. Che gioia fu quella! Si strinsero alla loro cara mamma e saltellavano tutti contenti. Ma la vecchia disse: “Andate, ora; e cercate delle pietre da riempir la pancia a questo dannato prima che si desti.” Allora i sette caprettini trascinarono in gran fretta le pietre e ne cacciarono in quella pancia quante ne poterono portare. Poi la vecchia la ricucì in un baleno, sicché il lupo non se ne accorse e non si mosse neppure.Finalmente, quando ebbe fatto una bella dormita, il lupo si alzò, e perché le pietre nello stomaco gli davano una gran sete, volle andare a una fontana. Ma quando cominciò a muoversi, le pietre si misero a cozzare nella pancia con gran fracasso. Allora gridò:
“Romba e rimbomba nella mia pancia credevo fossero sei caprettini, sono pietroni belli e buoni.”E quando arrivò alla fontana e si chinò sull'acqua per bere, il peso delle pietre lo tirò giù, e affogò. A quella vista i sette capretti vennero di corsa, gridando: “Il lupo è morto! il lupo è morto!” E con la loro mamma ballarono di gioia intorno alla fontana. E fecero una gran festa assieme a tutti gli altri abitanti del paese!

domenica 23 ottobre 2011

Il gatto con gli stivali (reiterpretazione moderna)

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C'era una volta un vecchio mugnaio che aveva tre figli, un asino, un gatto soriano e nemmeno un euro. La Vecchiaia le fatiche del lavoro e la crisi avevano logorato il corpo e la mente del mugnaio, tanto è vero che, giunto alla fine dei suoi giorni, divise i suoi averi tra i figlioli: - Al primo Arduino, lascio il mulino; al secondo, Alvaro, il somaro; e per te, Germano, non ho che il gatto.- Arduino ed Alvaro erano felici: - Io con il mio mulino e tu con il tuo somaro faremo società con servizio di consegna del macinato al domicilio dei clienti e al panificio. Deventeremo ricchi! - Rimasto solo, Germano, diede un'occhiata al gatto e si grattò la testa: - Io - gli disse - lo so che sei un buon gatto e ti voglio bene. Ma se davvero sei furbo come dicono, taglia subito la corda e lasciami solo con la mia miseria. Con quel che so fare io posso garantirti soltanto tre cose: freddo d'inverno, caldo d'estate e fame tutto l'anno. - Il gatto che fino a quel momento non aveva mai detto una parola a nessuno, come d'altronde fanno tutti i gatti, gli strizzò l'occhio e cominciò a parlare: - Tu caro mio, devi solo fare due cose, procurarmi un paio di stivali ed affidarti al mio ingegno; altro che fame! Fra tre mesi saremo ricchissimi! - Il giovanotto, tutt'altro che convinto, fece spallucce e gli diede una lisciatina sulla groppa: - E bravo gatto! - esclamò - Allora sai anche parlare, in realtà pensava di aver lasciato accesa la TV, perchè un gatto che parla non si era mai visto, ma decise di buon grado di assecondare quella fantasia, tanto era disoccupato e quel giorno non aveva niente da fare! - Il bisogno aguzza l'ingegno e scioglie la lingua anche ai gatti - rispose la bestiola. Faceva abbastanza caldo e Germano, senza ribattere parola, portò il suo giubbotto in uno di quei negozi che vendono cose di seconda mano e col ricavato comprò gli stivali al gatto e si sdraiò all'ombra, con le dita intrecciate dietro la nuca ad aspettare gli eventi. Il gatto, grande cacciatore, si mise subito al lavoro e meno di un'ora dopo stringeva tra le grinfie un bel leprotto. Senza perdere tempo, con il suo leprotto in sacco, andò e si presenal palazzo dal Re. Si prosternò ai piedi del trono e tirò fuori la lepre gridando: - Ecco Maestà: mi invia il mio signore e padrone, il Marchese di Carabas, con questo piccolo omaggio destinato al reale pasto...- Al Re che era un buon gustaio, non parve vero accettare il dono; ma chi era quel simpatico Marchese, mai sentito nominare? Boh! Anche sua figlia, la principessa Isabella era rimasta bene impressionata dalle parole del gatto. Il quale intanto, era già fuori a procurare un po' di cena per sé e per il padrone. E la mattina dopo, all'ora giusta, eccolo di nuovo a Corte, stavolta con quattro favolosi fagiani dorati: - Ti porto, o Sire, un modesto omaggio del mio signore e padrone, il Marchese di Carabas, per i reali arrosti. E il Re, a sfogliare facebook della Nobiltà nella vana ricerca di quello sconosciuto Marchese. E la bella Isabella, a sognare a occhi aperti un possibile matrimonio con un così generoso e sollecito suddito. Insomma, per farla corta, tutte le mattine per più di un mese, si ripeté a Corte la medesima scena del gatto con gli stivali che porta gustosissimi messaggi da parte del Marchese di Carabas, suo signore e padrone, in effetti il Re si era anche un po' ingrassato per tutti quei manicaretti, ma tutto sommato risolveva facendo qualche corsa sulla sua bici da camera. Venne luglio, gran calura e grano maturo nei campi. Una mattina il gatto sapendo che il Re sarebbe uscito con la figlia per fare un giro rinfrescante sulla carrozza dorata, svegliò presto il padrone che dormiva sotto un pino e , tutto eccitato, gli gridò: - Presto, presto, padroncino, spogliatevi dei vostri stracci e immergetevi nel l'aghetto tra poco passerà di qui la Ferrari reale! - Ma io non so nuotare!- ribatté Germano allibito. - E via! - rispose il Gatto - Sapete bene che nel laghetto non c'è più di mezzo metro di acqua. Anzi dovete starvene seduto tenendo fuori solo la testa, perché nella vettura c'è anche la principessa Isabella. Poi corse incontro alla carrozza Reale e cominciò a gemere, a sbracciarsi, a chiedere aiuto: - Vi prego, Maestà, fate soccorrere il Marchese di Carabas, mio signore e padrone!... Alcuni malviventi lo hanno spogliato dei preziosi abiti e lo hanno buttato ad annegare nel lago. Il Re figurarsi, mandò subito paggi, coppieri, maggiordomi, ciambellani, consiglieri e tutta la cianfrusaglia del suo seguito al soccorso del suddito più generoso e nobile del regno, mentre due corrieri a cavallo, partivano verso la Reggia per prendere dal guardaroba reale il più sontuoso abito che potessero trovare. Isabella stava per svenire; ma quando le presentarono il famoso Marchese tutto in ghingheri negli abiti reali, vedendolo così giovane, ben fatto e bello, se ne innamorò in un battibaleno e giurò a se stessa che ne avrebbe fatto il suo sposo. Il giovane salvato dalle acque, ringraziò Sua Maestà, rese omaggio alla regale figlia e prese posto nella Ferrari, che essendo reale era un po' più spaziosa del solito e aveva circa 10 posti a sedere, che proseguì il viaggio. Ma il gatto con gli stivali già la precedeva da parecchio. E lungo la strada ogni volta che incontrava dei contadini al lavoro nei campi, gridava loro, con voce insinuante: - Ehi buona gente, tra poco passerà la Ferrari del Re; se vi domanderanno di chi è questa terra rispondete che è del Marchese di Carabas ... Non avrete da pentirvene... - E infatti, arrivata la macchina, il Re si affacciava a chiedere: - Ma di chi è questa bella terra! - e i contadini, con un inchino: - E' del Marchese di Carabas, Sire. E il gatto avanti. Finalmente la bestiola arrivò al castello dell'Orco Ezechiele che era anche il padrone delle terre intorno, e chiese d'essere ricevuto. Eccolo dunque dinanzi all'Orco. Gran riverenza, destinato a solleticare la vanità del mostro. Infine l'ingenua domanda: - Ma è proprio vero Signor Orco, che lei è capace di trasformarsi in qualsiasi animale vivente?... C'è chi dice di si e chi dice di no. - L'Orco sbottò in una gran risata: - Vorrei proprio vedere chi dice di no! Guarda! - e dinanzi al misero gatto, mezzo morto di paura, ecco ergersi al posto dell'Orco un enorme leone. - Ba... Ba... basta! - gemé il Gatto - Son più che convinto e vedo benissimo che un orco grosso come lei può trasformarsi in un leone altrettanto grosso. Ma non avrebbe, nel suo catalogo di trasformazioni, qualcosa su scala ridotta? Sarebbe, per esempio, capace di diventare un piccolo topo di campagna?.. Altra sonora risata dell'Orcaccio ed ecco sulla gran poltrona saltellare un piccolissimo topino. Il gatto che non aspettava altro, gli fu addosso in un lampo e ... se lo divorò in due bocconi: si sa' d'altronde che i gatti questo fanno, cioè mangiano i topi. Poi la nostra furbissima bestiola si volse a tutta la servitù con occhi dolci: - Tra poco - gridò - giungerà al castello la vettura rossa con il Re e il vostro nuovo padrone. Voglio che sian ricevuti con tutti gli onori e con un gran pranzo di gala. Insomma: quello stesso giorno furono anche decise le nozze tra Germano e Isabella. E il gatto? Oh, per se non volle quasi niente! Si tolse per sempre gli scomodi stivaloni, non rivolse mai più la parola a nessuno e tornò al suo mestiere di gatto di buona famiglia.